L’espressione naturale nell’interpretazione fotografica

“Quando tra le nostre fotografie ne selezioniamo alcune da mostrare agli altri, spesso scegliamo quelle che ci mostrano come vogliamo essere visti, che rispecchiano l’immagine interiore ideale di noi stessi. Quando poi mostriamo la fotografia e in questo modo la condividiamo con gli altri, abbiamo la tendenza a osservare i loro volti per vedere come reagiscono alla nostra immagine e per cercarvi riconoscimento e approvazione.” (Berman, 1997).

Il progetto

La società contemporanea dà più importanza all’apparire che all’essere. Il pro- getto che abbiamo presentato alla Casa circondariale di Bollate aveva lo scopo di ribaltare quell’approccio comune della realtà contemporanea, quello della velocità e dell’esteriorità; concetti che ci accompagnano inevitabilmente verso la superficialità dei rapporti umani.

Naturalmente la situazione in carcere è diversa: i tempi si allungano e non sempre è facile mostrarsi come si vorrebbe. Nonostante questo, anche qui, l’immagine che di sé si vuole mostrare è sempre molto lontana da quella che esprimerebbe al meglio i propri sentimenti.

Il modo più diffuso di fare fotografia ai nostri giorni rispecchia questo modo di essere e i selfie ne sono la rappresentazione più appropriata. Il fine del progetto è quello di riflettere proprio su ciò che sta dietro all’immagine che di noi costruiamo e lo abbiamo fatto utilizzando le potenzialità dello strumento fotografico, esplorando ciò che l’immagine fotografica ci può svelare per cercare e scoprire la nostra autentica espressione.

I partecipanti al progetto hanno la possibilità di conoscere un’altra maniera di fare ritratto che presuppone del tempo da dedicare al soggetto, alla ricerca di qualcosa di più profondo della superficie aggraziata. Non un espressione fugace e rappresentativa di un pensiero e di un emozione passeggera ma l’espressione che più ci appartiene.